L'equipaggiamento difensivo normanno
secondo l'arazzo di Bayeux.

di Marcello Siragusa

 

L'arazzo di Bayeux si può considerare, vista anche la carenza di reperti archeologici, la fonte più completa per lo studio dell'equipaggiamento offensivo e difensivo dei Normanni nel periodo della battaglia di Hastings (1066). Analizzandolo accuratamente si possono trarre importanti conclusioni sulle protezioni del corpo, anche se non mancano dubbi e perplessità su come sono rappresentate in alcune situazioni.

In questo breve trattato cercherò di riassumere gli aspetti più rilevanti che ho potuto trarre dall'arazzo stesso.

Prima di tutto osserviamo il conte Guy, raffigurato nella parte iniziale dell’arazzo (fig. 1): egli indossa un indumento che potrebbe essere una corazza a scaglie. Infatti, è differente come foggia dalle classiche tuniche ed ha le maniche diversamente ricamate. Si potrebbe perciò ipotizzare, a protezione del corpo, una corazza a scaglie, che lascia scoperte le braccia per ridurre le limitazioni del movimento. La lunghezza è quella tipica degli usberghi rappresentati nell’arazzo: si arrestano appena sopra le ginocchia. La colorazione delle scaglie non permette di capire esattamente la loro natura, potrebbe essere cuoio o metallo.

Un altro caso degno di nota, è l’immagine del vescovo Odone (fig. 2) che, probabilmente, viene rappresentato in due momenti differenti, poiché la sua stessa tunica appare solo un’altra volta, indossata da un personaggio che maneggia il caratteristico randello chiamato "baculum" di origine Romana, impugnato dai comandanti Normanni. Questa tunica è probabilmente un giubbotto imbottito o un corpetto di cuoio rinforzato con altre placche anch’esse di cuoio.

Fig. 1 Fig. 2

Un’altra ipotetica rappresentazione della corazza di cuoio è riprodotta nella fig. 3 dove si riconosce un cavaliere vestito di marrone scuro in mezzo ad altri in cotta di maglia. Purtroppo, essendo parzialmente coperto, non si può azzardare alcuna conclusione.

Prima di passare agli usberghi veri e propri, è interessante osservare ancora un caso "anomalo" (fig. 4) che può essere comunque interpretato come un errore dovuto alla grossolanità del ricamo. Si noti la foggia della tunica differente dalla rappresentazione data alla cotta negli altri cavalieri, infatti, in questo caso non vi sono dei cerchietti bensì dei rombi ricamati all’interno, che indurrebbero a pensare ad un giubbotto imbottito. A differenza della fig. 2, però, il giubbotto sarebbe bianco e non marrone, quindi di stoffa e non di cuoio. Purtroppo anche questa supposizione non può essere rigorosamente accettata.

Dall'esperienza pratica, e dallo studio di fonti posteriori all'arazzo, si deduce, che, giubbotti imbottiti di stracci, crine o canapa venivano regolarmente indossati sotto un usbergo di cotta di maglia, in modo da assorbire l'impatto delle armi, per nulla attutito dagli anelli a causa della loro flessibilità.

Fig. 3 Fig.4

Gli usberghi veri e propri sono riprodotti 186 volte e sono il metodo di protezione del corpo più usuale, o almeno così pare nell’arazzo. Basti pensare che dei 48 cadaveri riprodotti, ben 40 sono in cotta, 5 nudi (probabilmente spogliati dai reduci), uno con solo la tunica, due sono coperti dallo scudo.

Questi usberghi sono realizzati tramite l’unione di anelli schiacciati e punzonati tramite un ribattino. Reperti più recenti dimostrerebbero l'utilizzo di speciali pinze punzonatrici, che schiacciavano le estremità dell'anello solo in prossimità del foro, eseguito successivamente tramite un'altra pinza. Dopo la schiacciatura e la foratura veniva inserito un chiodino ribattuto da entrambe le parti. L'unico esemplare di usbergo del periodo normanno che ho potuto osservare (conservato al Museo di Bayeux) non presenta i caratteri tipici di costruzione tramite pinze. I suoi anelli sono quasi certamente schiacciati a martellate e forati con un punzone in quanto presentano una struttura notevolmente irregolare.

Tornando agli usberghi dell'arazzo, essi sono ricamati con cerchietti talmente grossi che si potrebbe pensare a rondelle cucite su stoffa o cuoio (più difficile visto che gli usberghi sono bianchi e non marroni come nei casi delle fig. 2 e 3).

Osservando, però, la fig. 9 si scopre che anche ribaltati gli usberghi si presentano come se visti dall'esterno, quindi non possono essere rondelle cucite, che di "rovescio" non sarebbero visibili.

Gli usberghi arrivavano sino alle ginocchia (anche se in 7 casi la parte della gamba che va dal ginocchio alla caviglia è protetta da una calza in cotta come si vede nella fig. 5) e coprivano parte delle braccia con delle maniche ampie che permettono un buon movimento. In alcuni cavalieri, sotto l’usbergo, a protezione dell’avambraccio, si può notare un bracciale di cotta che va dal polso al gomito; è il caso del duca Guglielmo e del suo compagno Eustace, riprodotti nella fig. 5.

Fig. 5 Fig. 6

 

Per quanto riguarda il cappuccio di maglia, esso è presente in molti casi attaccato all’usbergo stesso, mentre in alcuni cavalieri se ne può notare uno di cuoio. Molti personaggi, invece, non hanno alcuna protezione alla testa all’infuori dell’elmo conico.

Caratteristico e controverso, nell’arazzo di Bayeux, il quadrato nell'usbergo che si può notare in fig. 6. Numerose sono le interpretazioni a proposito di questo pezzo di cotta di maglia circoscritto da lacci di cuoio e posizionato nel petto, ma due sono le più accreditate: un rinforzo al petto e una protezione per la gola da tirare su in battaglia.

Dai dati estratti direttamente dall’arazzo si nota che i cavalieri ingaggiati in battaglia non presentano mai questo caratteristico quadrato tranne in due casi specifici da analizzare in dettaglio. In battaglia si può notare, invece, solo il laccetto superiore del quadrato (fig. 7).

Si può concludere che l’ipotesi della protezione della gola è più accreditata rispetto a quella del rinforzo per il petto.

Infatti, riepilogando, nell’arazzo sono rappresentati:

Una protezione al petto sarebbe ben più utile in battaglia, ma è ricamata in solo due casi su 17 totali. L’unica obiezione sono i due casi speciali (fig. 5 e 8) di quadrato presente anche in battaglia. Nella fig. 5, si nota Guglielmo che tira su l’elmo per dimostrare di essere vivo, dopo che la voce della sua presunta morte in battaglia stava mandando allo sbando l’esercito normanno. Il compagno di Guglielmo, Eustace di Boulogne, ha la ventaglia abbassata, probabilmente per facilitarne il suo riconoscimento ai compagni. Inoltre, si può notare che l’interno del suo quadrato è di foggia differente (a rombi), perciò, a meno di una svista da parte di coloro che hanno ricamato l'arazzo, si vuole rappresentare un lembo di stoffa imbottita.

Prendendo per buona questa proposta, non si capisce come della stoffa imbottita protegga maggiormente il petto posta al di sopra della cotta di maglia. Osservando attentamente il volto di Eustace, si nota la barba (rarissima nell’arazzo), quindi un’ipotesi ardita vedrebbe il lembo di stoffa posto internamente alla ventaglia per non strappare la barba. A ventaglia abbassata, perciò, si vedrebbe quest’ultima ribaltata con il lembo esterno a coprire la cotta.

L’altro caso di quadrato presente in battaglia è quello di fig. 8.

Fig. 7 Fig. 8

In quest’immagine (fig.7) viene riprodotto un gruppo di cavalieri in perlustrazione che incontra resistenza da parte degli abitanti del luogo. Come si osserva, i cavalieri sono privi di equipaggiamento completo (non ci sono conici, né cappucci alzati - tranne uno) forse a sottolineare il ruolo di perlustrazione dei cavalieri, sorpresi nel dover ingaggiare una scaramuccia con dei contadini. Si può, perciò, supporre che il cavaliere ritratto con il quadrato sul petto non abbia avuto il tempo (o l'effettivo bisogno) di alzare la ventaglia prima di affrontare il nemico.

Continuando l'analisi delle protezioni del corpo, vorrei far notare che tutti i soldati appiedati, sia Normanni che Sassoni, hanno l’usbergo che termina a dividendosi e non come una normale tunica. Molto probabilmente la cotta finiva nella maniera consueta, cioè aprendosi leggermente al centro per permettere una migliore mobilità, ma le due estremità venivano chiuse all’altezza del ginocchio da due legacci di stoffa o pelle. In caso contrario non si capirebbe come potessero venire spogliati i cadaveri riprodotti in fig. 9. Se l’usbergo non avesse avuto il taglio di una tunica, era necessaria un’apertura lungo la schiena in modo tale da permettere di sfilare le maniche per poi spogliarsi dell'usbergo dalla parte dei piedi e non della testa. Invece i morti sono denudati del loro equipaggiamento dalla parte superiore e pare che i saccheggiatori facciano addirittura sforzo nel far passare la testa, cosa che escluderebbe l’uso di aperture nella schiena.

Fig. 9

La fig. 9 pone un interrogativo sull'uso dei giubbotti imbottiti, perché durante la razzia che segue, i cadaveri spogliati dell'usbergo non presentare alcun indumento, neppure le classiche tuniche di lino viste indossare da i personaggi dell'arazzo in abbigliamento civile.

Conclusa l'analisi delle protezioni del corpo, l'arazzo fornisce ben pochi spunti di riflessione sui caratteristici elmi conici. I reperti del periodo sono di due tipi differenti: forgiati da un singolo pezzo di ferro (il conico trovato nei pressi di Olmutz, in Moravia) o costruiti a spicchi tenuti assieme da ribattini (il conico del museo di Liverpool). La forma conica, utile per deflettere i colpi, è sicuramente di origine più antica, da attribuirsi ai popoli Scandinavi, poi estesa in tutta Europa ed anche in Italia.



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