San Bernardo di Chiaravalle e i normanni.

di Angelo Gambella


Uno dei capitoli più interessanti della vita del monaco francese, santo e dottore della Chiesa, è quello dei suoi rapporti con i normanni in Italia. Ci piace, con questa breve nota, ricordare la missione del grande intellettuale del tempo nel Sud, il suo tentativo diplomatico di risolvere la sanguinosa guerra civile che vedeva schierati da una parte i baroni e le città della Campania e Puglia, e dall'altra la monarchia siculo-normanna di Ruggero II.

All'inizio del 1132, Anacleto II è padrone di Roma, ma nell'Europa occidentale ha l'appoggio del solo Ruggero II di Sicilia, che egli stesso aveva creato re. Bernardo, assieme al legittimo papa Innocenzo II, si trova nell'Italia del nord nell'attesa di marciare su Roma con il sostegno di truppe imperiali. L'ostacolo maggiore sulla via del ritorno nella città Leonina è costituito dalla presenza di truppe normanne al comando del principe Roberto di Capua e del conte Rainulfo d'Alife, i due vassalli maggiori di re Ruggero. Nel corso della primavera però, la situazione interna al regno normanno di Sicilia, peggiora rapidamente. Il principe e il conte lasciano Roma e alla fine di luglio nella piana di Nocera infliggono una pesante lezione a Ruggero II.

Bernardo e Innocenzo II hanno così strada libera fino all'Urbe, dove il papa può incoronare imperatore Lotario II. Le forze imperiali sono però così esigue che non possono scacciare Anacleto che nel frattempo si è barricato nel palazzo del Laterano. Udita la notizia che papa e imperatore sono giunti a Roma, Roberto di Capua e Rainulfo di Alife, vi si recano immediatamente. Qui partecipano ad un'importante curia convocata dall'imperatore e iniziano i loro colloqui anche l'abate di Chiaravalle. L'esito della consultazione è l'appoggio della Chiesa e dell'Impero alla causa della rivolta.

Bernardo si assume in prima persona il compito di condurre la propaganda contro il re siculo. I motivi di ciò sono ben evidenti. Primo, col suo appoggio ad Anacleto II Ruggero legittima l'antipapa davanti ai romani e a sui sudditi; secondo, Ruggero impone il suo dominio su terre che appartengono alla Chiesa; terzo, si è appropriato di una corona che spetta all'imperatore. Stando così le cose, papa e imperatore anche con il consiglio di Bernardo tentano di incontrare le richieste del principe e del conte, che hanno bisogno della flotta pisana e genovese per "ricacciare il normanno al di là del Faro".

A tutto il 1134, Pisa e Genova non inviano la flotta che pure era stata pagata. Bernardo si preoccupa di scrivere ai genovesi, in termini abbastanza chiari:

"Ho saputo che avete ricevuto inviati del conte di Sicilia, non so cosa abbiano portato, né con che cosa abbiano fatto ritorno. A dir la verità con le parole del poeta Timeo Danaos et dona ferentes (=Temo i greci anche se portano doni; cita Virgilio) se scoprite che qualcuno di voi si è mostrato tanto corrotto da aver steso la mano per ricevere vile denaro, sinceratevene subito e giudicatelo come nemico del vostro buon nome e come traditore."

Al vecchio imperatore che ha i suoi problemi in Germania, Bernardo ricorda che, se si vuole insediare Innocenzo II a Roma, occorre togliere la corona a Ruggero, definito "usurpartor siculus" e "tyrannus siculus". Il 1134 termina con la vittoria di Ruggero, dopo la pace offerta da Rainulfo e l'esilio a Pisa di Roberto. Nel 1135, la guerra divampa ed è più cruenta che prima: Rainulfo, Roberto, Sergio di Napoli si rifugiano nella città partenopea, l'unica del Sud che Ruggero II non riesce a conquistare.

Nel 1136, finalmente convinto da S.Bernardo e da Innocenzo II, e con il sostegno del suo omologo bizantino, Lotario II decide la spedizione nel Sud, alla quale si uniscono i pisani e le forze di Rainulfo e Roberto, e materialmente e con la sua guida spirituale lo stesso S.Bernardo. Nella primavera del 1137, è conquistata Roma, poi Capua, che apre la strada per Salerno; sull'altro versante è liberata la Puglia mentre Ruggero II decide di non combattere e di restare a Palermo. Roberto ottiene il suo principato; Rainulfo la contea ed è investito da Innocenzo e Lotario, compiacente il santo di Chiaravalle, del ducato di Puglia.

Nell'ottobre di quell'anno, ripartito l'imperatore, Rainulfo e Ruggero si confrontano in Puglia. San Bernardo è incaricato di mettere d'accordo i due condottieri normanni. Aveva già svolto compiti analoghi e la sua capacità di mettere pace era ormai nota. "In questa società violenta -scrive Leclercq- Bernardo si sforza di indurre i responsabili della lotta e della pace a un esame di coscienza basato su due punti: sui motivi che hanno di combattere e sul loro modo di farlo". Eccolo, dunque, che si prodiga, perché i due evitino di scontrarsi fra di loro, per mettere invece al servizio dei valori religiosi, "l'arte" della guerra, e quel "gusto" proprio dei normanni per l'avventura.

Nel nord della Puglia, il mistico si ritrova a colloquio con il conte di Alife e duca di Puglia. I contemporanei ammiravano in Bernardo l'entusiasmo, la carica interiore; egli sapeva attrarre a se con il fascino che da lui sprigionava in forma carismatica. Ed era dotato di una straordinaria potenza di espressione, e in ciò, Rainulfo non gli era da meno. Nella sala di un castello, sotto una tenda di accampamento, da qualche parte, i due si incontrano. Bernardo, come ci rivela il suo biografo, rimane profondamente colpito dall'umanità di Rainulfo.

Il colloquio con Ruggero è un autentico disastro, in quanto il re di Sicilia dichiara che non intende avanzare trattative di pace se prima Rainulfo non rinuncia al titolo. Bernardo profondamente adirato dal comportamento del re normanno si augura che nella ormai imminente battaglia, vinca l'esercito ducale. L'esito della battaglia è ancora un successo di Rainulfo. Sul come l'abate apprese la notizia basterà leggere il nostro testo su quella battaglia.

Bernardo "uomo assai mirevole e prudente", da vero diplomatico, non rifiuta le aperture che soltanto ora Ruggero gli propone. La trattativa si sposta sul piano religioso: chi deve essere il papa di Roma, Innocenzo o Anacleto? Su invito di Ruggero, tre esperti per ognuna delle parti si confrontano. Alla fine vincono le semplici argomentazioni di Bernardo: se l'Arca della salvezza è una sola, ci deve salire chi ha con se tutto il mondo occidentale o chi si trova da solo? La fine per Anacleto è ormai nell'aria, il 7 gennaio 1138, muore: "Il ramo inutile, il ramo malato è stato reciso" scrive Bernardo. Ruggero decide di dare un sostituto ad Anacleto, ed è eletto Gregorio Conti col nome di Vittore IV, ma di fronte le convincenti argomentazioni di San Bernardo, questi deve rinunciare. Lo scisma è finito. Bernardo ha sconfitto sul piano della diplomazia Ruggero II.

La storia ci insegna che spesso il finale di una vicenda tanto appassionante come quella qui descritta, non è per niente scontato. Rainulfo, anima e cuore della resistenza, muore improvvisamente, Innocenzo II è battuto militarmente, e Ruggero II in tre mesi si impadronisce definitivamente del regno. S.Bernardo è affranto per la dolorosa conclusione, ma almeno il suo papa è a Roma. Negli anni a venire, il predicatore francese non esiterà a riaprire la questione della Sicilia con i pontefici successivi. Ma i suoi contatti con i normanni saranno sporadici, e in ogni modo non sono stati ben tracciati dalla storiografia, perciò rimandando infine il lettore ad una delle tante pubblicazioni sull'abate di Chiaravalle, non ci resta che ricordare un brano sulle armate della sua epoca, mai così attuale: "Che cosa vi muove alle guerre e accende i contrasti, se non una collera irragionevole, la frenesia di vanagloria, oppure la brama di ricchezze terrene? Per motivi di tal genere non vale di certo la pena né uccidere, né di essere uccisi".


Edizione elettronica del 10.12.07.

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