Le grandi battaglie

combattute dai normanni nel Sud (1041-1139)

di Angelo Gambella


1041, marzo. Fiume Olivento, presso Melfi.

Le forze bizantine, agli ordini del catapano (alto ufficiale) Michele Dokeianos, suddivise in più contingenti, sono in superiorità numerica rispetto agli invasori normanni, circa 700 cavalieri e 500 fanti, al comando del conte di Aversa, Rainulfo, e del milanese Arduino.

I bizantini attaccano ad ondate successive, con lo scopo di indebolire la cavalleria normanna. Essa ha un corpo centrale molto numeroso, e due schiere laterali composte da fanti e pochi cavalieri con lo scopo di confluire al centro in caso di difficoltà. Il catapano, convinto di aver assottigliato le forze normanne, lancia l'assalto finale con le truppe scelte, ma i normanni, che al contrario avevano retto i precedenti impatti, respingono la cavalleria e contrattaccano, decimando le forze bizantine.


1041, maggio. Fiume Ofanto, presso Montemaggiore.

La rivincita. Gli ufficiali bizantini puntano sui rinforzi arrivati da tutta la Puglia, e su una strategia diversa. I normanni, caricati dalla precedente vittoria, e ora meglio equipaggiati, sono diretti in battaglia da Atenolfo, fratello del principe di Benevento, con forze longobarde. I normanni tengono una posizione favorevole stando su un leggero rialzo. Quando lanciano la prima carica, i greci accusano immediatamente il colpo e cadono a centinaia sotto i colpi di spada e di lancia. Dokeianos non può capovolgere la situazione ed è di nuovo sopraffatto. Di lì a poco, i normanni, complice la rivolta dei pugliesi e l'unione con forze mercenarie, strappano l'intera Apulia ai greci.


1053, giugno. Civitate, Puglia.

Le truppe del conte di Aversa, Riccardo Quarrel, di Roberto il Guiscardo e Umfredo di Altavilla, e degli altri baroni e guerrieri normanni che avevano tolto la Puglia ai bizantini, affrontano l'armata pontificia di papa Leone IX, interessato a prendere il controllo dell'Italia meridionale.

I pontifici, oltre ad avere un migliore armamento, possono contare sulla divisione in più fazioni dei normanni. Ma il papa commette il grave errore di sottovalutare i guerrieri del nord. Essi, infatti, sono ancora una volta avvantaggiati da una strategia migliore, e da uno spirito combattivo che i papalini non hanno. L'esercito pontificio è sbaragliato e lo stesso Leone IX è preso prigioniero. Dopo questa prova di forza, il papato non può che riconoscere i possessi normanni nel Sud, ed in particolare Roberto nel ducato di Puglia, e Riccardo nel principato di Capua. In breve tempo gli ultimi longobardi di Capua e Benevento devono cedere ai normanni, e alla fine del secolo anche la Sicilia, prima araba, entra a far parte del dominio normanno.


1132, luglio. Fiume Sarno, presso Nocera.

Il progetto di unificazione dei potentati normanni promosso da Ruggero II, conte di Sicilia e duca di Puglia e Calabria, deve fare i conti con la resistenza oppostagli dal principe di Capua, Roberto, dal conte Rainulfo di Alife, e dal maestro dei militi napoletano, duca Sergio. Ruggero ha fatto abbattere il ponte attraverso il quale si accede nella pianura di Nocera, e cinta d'assedio la città, conta di prenderla prima dell'arrivo delle forze alleate. Ma gli uomini di Roberto e Rainulfo, costruiscono un ponte di fortuna e giungono in tempo sul campo di battaglia.

Roberto dispone di 2000 cavalieri normanni, Rainulfo di 2500, dieci volte di più sono i fanti dei due distinti schieramenti. Ruggero dispone di forze probabilmente superiori, e in ogni modo, ben attrezzate. Rainulfo lancia 250 cavalieri sotto le mura della città per scombinare l'esercito siculo-normanno. La battaglia ha inizio. La cavalleria di Ruggero sfonda quella del principe costringendo gli uomini ad una disordinata fuga, la stessa fanteria che era posta a rinforzo, dietro la cavalleria, deve indietreggiare e in centinaia affogano nel fiume. A questo punto il conte Rainulfo, che è nell'ala destra, comanda una prima carica contro le forze ammucchiate al centro. Similmente l'ala sinistra si abbatte sullo schieramento di Ruggero. Il terzo impatto è così violento che i cavalieri rompono le lance. Si va al corpo a corpo, il conte di Alife e i suoi, si lanciano in avanti come "leoni affamati" travolgendo ed infierendo sulle truppe in ritirata. Alla fine Ruggero ripiega con quattro soli cavalieri a Salerno. La lega ha ottenuto una strabiliante vittoria, pagando però un caro prezzo in termini di vite umane.


1137, ottobre. Tavoliere di Puglia presso Rignano Garganico.

La vasta eco della vittoria del potere locale e dei comuni contro Ruggero, non era servita per ricacciare il normanno al di là del Faro. Dopo una effimera pacificazione, Ruggero aveva strappato con la forza del fuoco e del terrore, l'intera Italia del Sud ai rivoltosi. Ma la discesa imperiale, conclusasi nell'estate, aveva riportato il principato di Capua nelle mani di Roberto, e il ducato di Puglia in quelle di Rainulfo, divenuto duca.

Nel nord della Puglia, San Bernardo di Chiaravalle tenta la difficile mediazione fra i due condottieri normanni, ma Ruggero rifiuta ogni intesa con Rainulfo, subendo il severo richiamo del religioso francese, che, anzi, invita gli uomini del duca ad avere fede. Nella sconfinata pianura del Tavoliere, l'exercitum militum di Rainulfo e le milizie delle città marittime pugliesi, sono opposte all'esercito siculo-normanno, composto anch'esso di due schieramenti, il primo al comando dello stesso Ruggero re di Sicilia, l'altro del figlio Ruggero. Con il re ci sono anche i napoletani del duca Sergio, e quei baroni del beneventano che prima avevano appoggiato la rivolta. La battaglia inizia all'insegna dei regi. L'armata del giovane Ruggero respinge le truppe pugliesi che sono inseguite fin quasi a Siponto (Manfredonia), ma commette il grave errore di lasciare il padre a vedersela con la cavalleria scelta del duca Rainulfo. L'azione di Rainulfo è straordinariamente efficace: muore Sergio di Napoli, muoiono Iderno, Sarolo, e altri vecchi amici. San Bernardo è intento a pregare quando sente le grida di inseguiti ed inseguitori, subito comprende che il re scappa, e che il duca insegue. Un uomo di Rainulfo scende da cavallo e ringrazia l'abate, poi torna ad inseguire. Per la seconda volta il creduto re è sconfitto.


1139, luglio. Galluccio.

Ruggero aveva appena ripreso il controllo del Sud, complice l'improvvisa fine di Rainulfo, che aveva gettato nello sconforto i pugliesi.

L'ennesima rivincita di Ruggero è ora contrastata dalle truppe del papa Innocenzo II e delle restanti forze normanne del principe Roberto di Capua e del conte Riccardo di Rupecanina, fratello di Rainulfo, per un totale di circa mille cavalieri e numerosi fanti. Ruggero avanza un invito di pacificazione, per contro il papa lo invita a San Germano per un colloquio. Come atto preliminare, il papa vuole la restituzione del principato per Roberto e della contea per Riccardo. Il re si oppone e prende d'assalto i centri vicini. Innocenzo decide di ribattere all'attacco. Ma la mossa si rivela disastrosa e produce la definitiva sconfitta della politica del Papa: i cavalieri romani liberano Galluccio, ma il giovane figlio di Ruggero, prende tutti di sorpresa, molti riescono a porsi in salvo, ma diversi annegano nel Garigliano. Il più sorpreso è Innocenzo II, che, prigioniero assieme ai suoi cardinali, deve confermare, da Mignano, a Ruggero II il regno di Sicilia. Il lungo e sanguinoso processo di unificazione nazionale si è finalmente concluso.

Ruggero avrebbe dato ulteriori dimostrazioni della potenza normanna in Africa e in Oriente. Dopo morto, nel 1154, ripresero le incursioni di Roberto di Capua e Andrea di Rupecanina. Sarebbero seguiti altri assedi e scontri, ma le grandi battaglie dei normanni nel Sud erano destinate a divenire soltanto un lontano ricordo.


Edizione elettronica del 27.10.98. Aggiornamento del 04.01.1999.
Sottofondo: Anonimo, Omnis curet homo seq. C.Clark The Internet Reinassance Band con licenza d'uso.

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